Daniele Finzi Pasca è un grande chef! Lo dico da tempo: Daniele è un cuoco sopraffino, uno chef di prim’ordine, uno che con le stelle Michelin guadagnate avrebbe potuto decorare un abete grande come quelli che ci sono nelle piazze più famose, che al solo guardarli sorridi e sogni. Per i suoi spettacoli lui impasta immagini, aggiunge suoni speziati, amalgama storie come fossero burro fuso e inserisce qua e là qualche scaglia di realtà fondente… poi lascia riposare l’impasto in un luogo caldo, intimo, che si attesta solitamente attorno ai 37 gradi centigradi e, a lievitazione ultimata: “booooom”… ti scoppia dentro un pasticcino di ricordi che al confronto la madeleine proustina sembra un tic tac. Cioè, lui riesce con uno spettacolo a proiettarti in altri, nel passato, nei tuoi ricordi e persino in quelli del signore seduto di fronte a te, che se non sei un po’ forte di cuore rischi di rimanerci secco.
E così è accaduto anche durante lo spettacolo La Verità, in scena a Milano le scorse settimane: vedi un soffione gigante e ripensi a un vestito che se Ruggero ma anche quello della tua bisnonna, appare un cappello luccicante e ti ritrovi a giocare a pallone sotto un temporale ballando il charleston, entra la testa di un cavallo e senti il rumore della nave rompighiaccio solcare mari che profumano di pino cembro, senti una musica fatta di nebbia e scompari e riappari a ritmo stroboscopico, assisti alla danza di un acrobata in salita verso il cielo e sul pavimento appare l’ombra di Icaro, di un armadio e un tappeto ai cui angoli crescono le fragole… poi ci sono le ombre, gli angeli, i tamburi, i canti, i corpi, le composizioni, gli wow, i colori che nemmeno Marc Chagall, le orecchie che si moltiplicano e te le ritrovi anche sotto i piedi e la pelle che si ionizza e ti sembra di depurare persino l’ambiente… ma soprattutto loro, gli occhi, che vorresti grandi il doppio perché tutta quella roba lì in due cosini grandi come una noce non è possibile ci stia.
Eppure lui ce la fa, sempre, lui riesce sempre a farci stare tutto, anzi di più, perché ogni volta riesce persino a farci piovere dentro… poi lo so, resto imbambolata per giorni a domandarmi come diavolo faccia Daniele Finzi Pasca ad essere ogni volta così straordinariamente galattico, capace di creare continui fermoimmagine estetico-poetici che se non appartengono a un piano infinito quelli io non so. E il giorno dopo, per ritrovare un contatto con la realtà, sono uscita di casa, ho alzato gli occhi al cielo per controllare cosa fosse in arrivo e ho sbadigliato, ma alla fine non ce l’ho fatta… ho azzardato un passo di cancan, ho fatto un salto, urlato sottovoce e sputato dalla bocca un animale, che sapeva di menta, e di papà.