L'Apocalisse al passo dello Julier: una Babilonia a 2'284 metri

Per arrivare a una torre occorre salire, sempre. Stavolta lo si è dovuto fare anche per un Passo: lo Julier. Che poi questa non è proprio una torre normale: è Babele, laddove l’uomo cercò di elevarsi a Dio e venne poi diviso. Quindi giusto l'altro ieri l’umanità è stata separata dal verbo, mentre oggi noi siamo qui uniti malgrado si senta parlare tedesco, italiano e romancio. 

La struttura in legno rosso è magnifica, davvero. Grandi sono le vetrate che permettono alla cultura di dialogare con la natura come se non lo facessero già; di parlare tra loro, intendo. Il palco è al centro, sospeso sulla hall d’entrata con il pubblico tutto attorno dal primo al quarto piano come in un’arena. E in mezzo ci sta lei: l’Apocalisse di Gion Antoni Derungs. 

Diciassette sono le voci disposte a cerchio, di cui una narrante. Abiti neri e pelli ora spettrali, ora evanescenti, ora infuocate, ora gelide e ora accoglienti grazie al gioco di luci. E basta. Che è molto più di tutto: è l’essenziale che enfatizza.

E così ti ritrovi ad ascoltare quella cosa capace di penetrarti sotto pelle e ti accorgi che il canto su quel palco ha cominciato a prendere forma. E ride, e ti disprezza, ed è Satana, ma poi anche dolcezza e decadenza, e mucche e campanacci che vengono da fuori. Poi distruzione e salvezza e cavallette e fari di auto e stelle anche se son le lampadine riflesse nelle immense vetrate. E angeli e cori e puttane e doglie e morte e lutto e pianto e speranza e alla fine si spegne tutto e noi rimaniamo lì così, nel buio e nel silenzio, senza sapere cosa fare. 

Sarà durato un minuto. Un minuto intenso sospeso sulle ceneri del mondo conosciuto, di Babilonia. Ma poi è accaduto. Quello spazio vuoto ha cominciato a risucchiarci dal petto ogni parola sbagliata, mai espressa, nascosta, persa, dimenticata, odiata e lacerante conservata, lasciandoci senza più differenze di pronuncia o significato ma con l’unico senso comune a tutti: quello della vita. 

Quindi stasera Babele è riuscita davvero a spezzare l’incantesimo avvicinando realtà culturali diverse. 
Quindi stasera Babele è risorta. 
Quindi stasera Babele siamo noi. 

Applausi.

E fu così che la nebbia proveniente dallo Julier iniziò improvvisamente a roteare attorno alla torre in una spirale che al cielo, stavolta, riuscì ad arrivare…

 

Grosse Apocalypse, Origen Festival Cultural 2017