#FENICE
L’opera #FENICE è un dipinto nato da racconti di rinascita. Simbolo di evoluzione, di sapienza acquisita, di conquista della propria personalità e di personificazione della forza vitale, la sua figura ricorda il cammino che occorre intraprendere durante le profonde fasi di cambiamento.
L’opera è stata creata per “Crash/fragments”, un concorso artistico indetto dalla Galleria Spazio 1b di Lugano in collaborazione con la Biennale dell’Immagine di Chiasso nel 2019. Il tema desiderava indagare nei momenti di rottura, tensione e scontro, sia nella dimensione interiore che sociale, alla ricerca di frammenti carichi di energie dai quali è possibile ricominciare. Il Crash visto come portatore di cambiamento e stimolo per un nuovo inizio, affrontato dall’artista attraverso la figura della fenice.
La fenice è un uccello mitologico capace di risorgere dalle proprie ceneri in un vortice continuo di fine e inizio, di conclusione e rigenerazione, di distruzione e rinascita. Simbolo di evoluzione, di sapienza acquisita, di conquista della propria personalità e di personificazione della forza vitale, la sua figura ricorda il cammino che occorre intraprendere durante profonde fasi di cambiamento.
Il dipinto #FENICE è nato dall’ascolto di testimonianze legate a momenti di rinascita, a ricostruzioni sorte da detriti rimasti al suolo, quando dal buio del disfacimento i contorni del conosciuto si sono fusi in ogni presente possibile, condizione di inspirazione ricettiva necessaria da cui è potuto fuoriuscire il soffio di una propria verità magari a fino a quell’istante rimasta sopita; specchio in cui potersi realmente osservare, per tornare a volare.
Il dipinto Fenice appartiene alla serie #trasmissionepittorica: le testimonianze scaturite dalla visione di un dipinto o in seguito a una domanda posta hanno originato una nuova opera grazie alla trasmissione orale pittorica; l’arte tramandata attraverso i vissuti delle persone: il flusso costante della vita. Fenice è disponibile alla riproduzione Fine Art: contattami!
Ascolta le testimonianze che hanno dato vita a #FENICE:
QUALCHE DETTAGLIO:
ESPOSIZIONE SPAZIO 1B LUGANO
Locandina dell’esposizione che accoglierà #FENICE dal 10 ottobre 2019 al 7 febbraio 2020. L’opera potrà essere osservata ascoltando sul posto le testimonianze generatrici attraverso il proprio cellulare.
I MESSAGGI RICEVUTI IN FORMA INTEGRALE SCRITTA:
È stata data libera scelta all’autore della testimonianza se apparire in forma anonima o firmata.
CLIP 1:
Silvia Rovati: “C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce” (cit. L. Cohen).
Mauro di GE: “A un certo punto della mia vita mi sono improvvisamente reso conto di non aver assecondato mai i miei bisogni e le aspirazioni più profonde. Ho fatto le cose che in qualche modo ritenevo giuste per il contesto familiare, sociale e per quello che mi aveva insegnato l’educazione, senza chiedermi mai veramente cosa volessi fare io e, soprattutto, senza fare mai attenzione a quale fosse il mio stato d’animo, i miei sentimenti e le mie credenze più profonde.
Questo mi ha portato a un forte distacco da tutto ciò che era il risultato della mia esperienza, quindi la mia vita, le mie scelte di lavoro e anche il mio corpo, portandomi a mettere tutto in discussione, rigettandolo. Ho smesso di mangiare, ho perso interesse in quello che facevo e nelle persone che avevo intorno. Questo taglio nella trama della mia esistenza era un buco nero che diventava costantemente più profondo; impossibile immaginare di uscirne. Fino a quando un giorno, forse nel momento più duro, forse definitivo, ricordo il caldo del vento sulla faccia, il sole, e quello mi è sembrato sufficiente per continuare a vivere e poterlo godere.
La cosa interessante è che la mente si era già arresa i pensieri erano già spariti e tutto il negativo era già in qualche modo andato via. Questa è stata forse la parte più interessante che ho sperimentato, e cioè che una parte di noi, una parte che ci rema contro, che ci critica e giudica non è veramente una cosa nostra. È come qualche cosa che ci hanno innestato, qualche cosa che ci hanno messo nella testa ma che non ci appartiene veramente, perché quando mi sono trovato nel momento più difficile mi ha lasciato, se ne è andata da me, è rimasto solo quello che sono veramente e da lì ho ricominciato a costruire.
È stato un percorso completamente di ricostruzione; mi sono ricostruito le abitudini, i gusti nel mangiare e nel bere, nel vestire, il modo di parlare e di raccontarmi. Un percorso fatto con la testa ma un passo alla volta, fino ad arrivare qui.”
Bila Effe: “Rinascere ha significato lasciar morire, e abbandonare, lasciare andare, fare spazio. Ho smesso di proteggere il mio cuore. Ho lasciato che vedesse e sentisse la verità, per quanto orribile. Sono andata in contro a quel dolore, l’ho accolto e ho lasciato che spezzasse il mio cuore. Ma come scriveva Anaïs Non “Venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare”, e dal bocciolo lacerato sono rinata”.
Elisabetta: canzone “Ovunque proteggi”, di Vinicio Capossela.
Anonimo: “Proprio oggi mi becchi in una giornata dove sono caduto e mi devo rialzare ma non so neanche io come. Spesso si scivola su cose veramente insignificanti, si annega in un bicchier d’acqua, però ognuno di noi ha le proprie debolezze e deve riuscire a rialzarsi. Puoi andare da qualsiasi psicoterapeuta o guru, ma il 90% lo fa la tua forza di volontà. Quindi sì, è un percorso di distruzione, spesso anche di autodistruzione, da cui però si matura e questo fa crescere. Io mi sento una fenice: continuo a risorgere poi però in realtà vorrei restare vivo senza doverlo fare ancora ma niente, questo è un altro discorso”.
Tabata Manu: “Tabata è arrivata in casa grazie a mio fratello. Non l’ha comprata. È stato amore a prima vista. Esco, gioco, mangio, parlo, dormo con lei. Le piace nuotare, le piace il mare. Quasi ogni giorno, per 16 anni, la porto al mare. Nuota con ogni clima, con qualsiasi onda. La aspetto paziente e divertita. Guardo la spiaggia. È sporco. Dall’uomo. Trovo pietre, tante sono le lettere. Ho le pietre a forma di lettere. Mi manca la K. Trovo i legnetti, sono tantissimi. Prendo quelli che mi attraggono. Li asciugo a casa, li metto da parte.
Tabata ha quasi 16 anni, la porto al mare. In braccio. È anche cieca. In spiaggia restiamo sedute, abbracciate. A casa Tabata riposa, è ai miei piedi. Prendo i legnetti, li metto sul mio tavolo con chiodi bulloni pinze. Assemblo. Nasce il primo cane poi un granchio e una balena. Tabata è stata sepolta in giardino. Le mostre sono a suo nome”.
CLIP 2:
Paola Rezzonico: “D’un battito d’ali mi innalzo dal dolore, come una libellula sopra lo stagno oscuro. Il mio pensiero al ricordo del tuo viso, un pipistrello mi fa visita. Un pomeriggio d’estate, l’aria pesante sull’asfalto, i miei passi difficili dal peso della mente confusa. Fuoco brucia le scorie dello spirito legate a te. Oh fenice, sei tu ad avvicinarti?”.
Anonima: “Oggi è un giorno brutto qui, ed è forse in un giorno come questo, che non aiuta, che bisognerebbe pensare ad un futuro. Ho cominciato pulendo i vetri di casa e ho pensato che ogni volta che ero giù e che sarebbe stato difficile farcela mi sono ricordata delle cose che mi piacciono, dell’umore che cambia, dei libri che ho, delle scatole di colore che mi ritrovo, della tela che potrei colorare e delle camminate che dovrei fare.
Probabilmente la mia fenice è questa, la voglia che ho di andare avanti anche se ti dico che a volte ce l’ho dentro lo schifo e lo vivo fuori. Però insomma gli anni passano, la storia non si è mai fermata, e anche se io invecchio spero di poter vedere un futuro migliore, colorato. Forse la mia fenice è questa, che torna ogni volta per non farmi sprofondare”.
Luca Maciacchini: “Pensavo che la famiglia fosse l’unica certezza, o comunque il muro d’appoggio su cui sempre contare. E invece no, dopo 45 anni anche quel muro è crollato, ma non era un muro divisorio, paradossalmente era un muro condivisorio, e adesso è crollato il muro e c’è la divisione. Pensavi di poter contare su di loro e invece adesso c’è cenere al posto dei mattoni.
Però ha avuto il suo che; ho riscoperto un rapporto con qualcuno che avevo allontanato, con l’unico elemento della famiglia che magari era sempre stato un po’ distante. Ho la mia famiglia di adesso: ed è lei. Ho gli amici di adesso: e sono loro. Ho i parenti che magari avevo trascurato. La morte della famiglia, la rinascita di una nuova comunità con qualcuno che è sempre pronto ad ascoltarti ”.
Simona: “Sono rinata dopo la fine del mio matrimonio perché ho cominciato a conoscere una nuova Simona, con le stesse qualità di prima ma sicuramente una donna più forte, con la sua personalità, con i suoi gusti non sempre schiacciata o repressa da un’altra figura comunque importante nella mia vita perché sono cresciuta con lui.
Questa rinascita mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con una mia nuova parte, di vivere una solitudine in maniera positiva, non con la paura di restare sola ma una solitudine importante per fare le cose che mi piacciono, per guardarmi dentro e anche per apprezzarmi di più rispetto a prima. L’opportunità di conoscere delle persone con situazioni magari simili nel mio cammino, far rinascere il mondo femminile quindi riscoprire l’amicizia vera fra donne, ed è una cosa a cui non rinuncerei più nella mia vita perché mi fa stare troppo bene.
Ora mi trovo in un posto dove vengo sempre nella bella stagione, e oggi sento forte questa emozione, tutte le situazioni che ho passato, differenti, momenti belli e altri meno, sempre in questo posto che probabilmente non rivedrò più per diversi motivi ma trovarmi qui adesso, con 15 anni alle spalle, oggi è una rinascita per me”.
Anonimo: “I vecchi hanno abbandonato le vecchie dimore del Canton. Il loro tempo è scaduto. Avevano animato quelle mura di sudore e di rinunce, di faide di passioni represse e, vittime di solitudine infinita, sono andati via. Ora genti nuove invadono quelle case sorelle, ignare del loro passato ma invaghite da storie di agricoltura arcaica, di pesca al lago, di caccia proibita e di pace. Passerà anche il loro tempo. Riusciranno un giorno, forse non tanto lontano, a far posto ad altre genti, dello stesso sangue o straniere; attori di passaggio del ciclo bello e tremendo della vita”.
Monica Bonaventura: “Sono rinata nel momento stesso che ho creduto in me stessa, quando ho capito di come sono combattiva e forte, di come sono cresciuta come persona, di come ho lottato per stare bene, per essere come gli altri, di come la mia personalità ha preso coscienza che anche io valgo. L’autostima ti permette di credere in ciò che vali e in ciò che sei. Di guardarti in modo diverso senza quel senso di pesantezza, come se avessi il peso di tutto il mondo sulle spalle. Ti permette che gli altri ti guardino in maniera differente perché tu dentro sei diversa. Ti porta a capire nessuno è migliore di te, che tu vali, che esisti, che sei soltanto come gli altri.
Quante volte mi sono detta e ridetta che anche io ci sono, che voglio arrivare ad un obiettivo migliore, che io non sono dopo nessuno perché io sono semplicemente io, con i miei pregi e i miei difetti. E sono rinata ancora quando non ho avuto più vergogna di guardarmi allo specchio, di credere che in fondo rido, piango, corro, cammino, progetto, cresco e credo come gli altri e che per forza non devo piacere per compiacerli ma devo piacere prima di tutto a me stessa, non solo fisicamente ma dentro di me.
Sono rinata quando quella parte malata del mio corpo ha cambiato pelle, quando non ho più sofferto quei dolori atroci che mi tenevano sveglia di notte e tolleravo di giorno. Ho sopportato tanto dolore fisico e mentale che ora non posso che donare affetto, forza e coraggio a chi mi sta attorno, a chi mi conosce da poco e a chi mi incontra per la prima volta”.
CLIP 3:
Gabriella: “Ho urlato alle mie difficoltà, ai miei disagi, alle mie insofferenze. Ho urlato. Ho urlato sono qui! Sono viva! E ho scelto. Ho scelto di seguire la stella, la stella che è libertà. Vivo in armonia, adesso”.
Anonima: “Cos’è la fenice per me? Credo ci siano due aspetti: uno prettamente psicanalitico e l’altro più empirico. Quello psicanalitico è la ricerca della consapevolezza, ovvero dei propri funzionamenti, delle proprie capacità reattive, delle proprie debolezze, forze, pregi, difetti, del proprio lato oscuro e di quelli che mostriamo o non mostriamo. In questo senso la fenice è un continuo: ogni volta che si conquista un pezzettino di consapevolezza è come se si risorgesse perché le cose non possono essere più come prima quando si svela a se stessi una parte di sé. Quindi questo è l’aspetto psicanalitico e secondo me quello più interessante, perché questa ricerca continua è infinita, non finisce mai, c’è sempre qualche cosa da esplorare sulla base delle nuove circostanze che la vita ci pone davanti.
Poi c’è un aspetto più empirico e, per quanto mi riguarda, è quello legato allo sport, quindi al fatto di far fatica, di impegnarsi, di darsi degli obiettivi. In quel senso io vedo quest’idea della fenice come qualche cosa in cui si mettono in campo le proprie forze, la fatica, quindi anche il fatto che a un dato momento queste si esauriscono ma non per sempre, si esauriscono quel momento, quell’attimo, quella settimana, quel mese magari quell’anno ma poi, in realtà grazie alla consapevolezza psicanalitica, possono riapparire. Se riappaiono sta a noi capire quando vanno seguite, e se riappaiono prepotentemente vuol dire, secondo me, che sono il risultato di un processo di sviluppo interno che sfocia in atti pratici, in atti empirici. Nel mio caso, per esempio, nello sport”.
Sabina Abbinante: “E all’improvviso il vento smuove sensazioni che non so più distinguere. E all’improvviso non resisto più alle tentazioni e ricomincio a vivere. E solo così, a braccia aperte tra le nuvole. Volo così, all’aria aperta senza limiti. Volo più in alto, mi respiro l’impossibile. Volo planando e così mi sento vivere. Volo così” (canzone di Paola Turci).
Riccardo Lurati: “Io credo che un cambiamento sia alla base di qualche cosa di positivo che ognuno di noi, a un certo punto della propria vita o in un momento particolare, fa. In questo momento sto facendo una serie di cambiamenti che sono stati consecutivi l’uno all’altro, ma non sono stati tutti cercati. Il primo è stato voluto e concerne il lavoro, era una sorta di voler cercare il benessere interiore che negli ultimi periodi mi mancava.
A questo si sono aggiunti tutta una serie di cambiamenti che sono arrivati da soli e che non possono che portare positività. Comunque il fatto di sapere che arriverà qualche cosa di migliore ti aiuta anche a migliorar te stesso, a sentirti bene come magari non ti sentivi più, e tutte queste rinascite in qualche modo le cerchiamo, magari involontariamente o inconsciamente però le vogliamo, perché partono dal proprio io”.
Luciana Mangano: “Dal buio più buio una luce mi parla: alzati e cammina, credi in te”.
Anonima: “Era il lontano 2000. La mia vita andava a rotoli, non stavo bene, mi ero ammalata, a casa ero triste ed era veramente un brutto periodo. A quei tempi convivevo, ho detto basta mi dispiace, la nostra storia è finita, devo cambiare vita, così non va più. È stata una cosa abbastanza drastica perché non se lo aspettava; io non esterno molto le cose, le tengo dentro e nessuno si accorge di quello che posso avere o sentire.
Così è finita una storia che durava da 3 anni; sono andata a vivere da sola e, come si suol dire, se le cose devono cambiare cambiano completamente, e dopo un mese mi hanno licenziata. Ero distrutta. Adesso non ho più nessuno, non ho più un lavoro, non ho più niente, non avevo più nessuna stabilità e non è stato facile ma che ci vuoi fare, una passo alla volta e piano piano ho ricostruito la mia vita, e devo ammettere che è andata abbastanza bene”.
CLIP 4:
Anonima: “Io non mi sono mai sentita intera. Mi sembra che qualche cosa di me sia sempre stato rotto, come se camminassi in parallelo con gli altri e non riuscissi mai ad incontrarli. Sin da bambina ho desiderato la tranquillità della monotonia, la certezza rassicurante di fare pensieri che tutti fanno.
Non è mai stato così. Non lo è nemmeno adesso, a 50 anni. Negli anni ho imparato a mimetizzarmi, a confondermi con chi pensa quello che è giusto pensare. Ho fatto finta di non avere dubbi e di non farmi troppe domande, sentendomi sempre spezzata.
Oggi no, oggi va bene. Oggi sono al mare. L’acqua è ancora fredda ma è bello stare sotto al sole. Oggi sono al mare. Oggi rinasco”.
Barbara Vernati: “Molte volte ho pensato di tatuarmi una fenice sulla spalla, perché ho cambiato vita almeno 10 volte. Da quando sono piccola 18 case e sempre non nel benessere economico ma nella difficoltà e ogni volta, come ancora oggi, penso che questa non sia la situazione finale che mi possa dare tranquillità. Chiaramente, rispetto a quando avevo 30 anni, il corpo e la mente avevano una reazione più gioiosa, più combattiva, più positiva al cambiamento, e mi rendo conto che la fatica accumulata attraverso el difficoltà del sostentamento ha piegato un po’ la mia colonna, che è poi colei che ci sostiene.
E quindi ogni giorno faccio uno sforzo per ricordarmi della guerriera che ho dentro, di questa fenice che può rinascere dalle proprie ceneri. Non sempre è semplice, spesso è doloroso, però credo sia necessario per sopravvivere in questo mondo che sempre più ti mette in una condizione di temporaneità, di incertezza, di insicurezza, di terra che trema sotto i piedi perché è un po’ quello che si percepisce; il sentirsi radicati, ben piantati a terra, non ti fa provare questa sensazione. E allora io mi auguro di trovare ancora questa forza della fenice e di sintonizzarmi con tutti coloro che vivono di resilienza, di resistenza, ricordandosi sempre del momento presente, del dire ok, sono qui, vediamo cosa posso fare o anche cosa non posso fare, ma semplicemente stare e accettare quello che c’è”.
Roberto: “Anche quando si taglia una pianta malata, si recide tutta e si lasciano soltanto dei pezzi, dei piccoli arbusti, si aspetta che fiorisca di nuovo e questo accade, ed è una cosa meravigliosa. Se poi si cura con amore darà dei frutti buonissimi. Ecco la rinascita del melo malato che non faceva frutti”.
Elisabetta: “La mia ipersensibilità e il fatto di circondarmi sempre da persone con tanti problemi che cercano di prendere da me le energie per poter rinascere (perché sono io che glielo permetto), mi porta a mia volta a sperimentare le ceneri; quando doni tutto agli altri poi è ovvio che muori anche tu.
Oggi realizzo che non va bene, che non è giusto che una fenice risorga dalle ceneri di un’altra. O forse non si tratta di giusto o sbagliato, semplicemente accade ed è inevitabile. Non serve domandarsi il perché e l’utilità di questa cosa; avviene e basta. C’è un dolore grande, molto grande, ma sento la rinascita in questo dolore, e questa è la forza e la grandezza”.
Anonima: “Ho dato un taglio netto a una relazione malsana che durava da circa 11 anni. Ad un certo punto mi sono resa conto che nella vita si può contare solo su se stessi, non si devono avere aspettative rispetto le altre persone, ci si deve aiutare da soli. Quando ho compiuto 34 anni mi sono decisa e mi sono fatta un regalo speciale: me ne sono andata e ho lasciato quella relazione. È stata una buona decisione perché qualche anno dopo è nata la mia bambina”.
Elisabetta: canzone “Ovunque proteggi”, di Vinicio Capossela.