È quello stare seduti su una panchina, al sole, ad occhi chiusi, lasciando al caldo percepito sulla pelle il compito di trasportarci nel paesaggio. Se in quel momento ci fosse un pittore intento a riprendere l’attorno non si accorgerebbe nemmeno della nostra una presenza, ci ritrarrebbe semplicemente come parte dell’insieme, fusi nel panorama.
E poi l’odore, come definirlo? La fragranza scaturita dai sentieri al nostro passaggio è un miscuglio di terra, resina, selvaggina ed esperienze. Dal bouquet olfattivo si possono inoltre riconoscere alcune note di pensieri, qualche risata, un accenno di meraviglia e a volte persino una vena di rimpianto, abbandonata sul cammino affinché possa iniziare a dare vita ad altro, o scivolare via.
Quando si rimane assorti in questo stato, accade sovente che salgano alla mente singole parole come fanno i gnocchi ormai cotti prima di adagiarsi in superficie. In questi casi per assaporarle è sufficiente iniziare a pronunciarle, ed ecco quindi fuoriuscire dalle labbra bocconcini di castagne, ribes, brindisi, musica, tartufo, battiti, vaniglia, arance e così via, fino ad arrivare a croccanti biscotti fatti di baci, o di commiati.
E le voci? Durante il giorno è un continuo ascoltare storie, suoni, respiri e canti giunti da indefinite distanze, i quali sussurrano all’orecchio indovinelli la cui risposta va cercata là fuori, in quel tripudio di colori a cui bisogna ogni volta riabituare lo sguardo, perché per conoscere davvero questa stagione occorre osservarla a lungo fino a quando messa a nudo si ritrae, e scompare.
L’autunno è fatto così, si agghinda e si mette in posa per distrarci ma se si ha la pazienza e la volontà di andare oltre si capisce che l’immagine non è quella che si ha di fronte, ma appare a poco a poco come negli scatti delle vecchie Polaroid. Per coglierlo ci vuole quindi qualcuno che abbia l’intenzione di lasciarsi avvicinare e impressionare, che sappia a sua volta allungare la mano per sventolare il risultato e soffiare delicatamente sulla superficie: si vedrà così apparire il sentimento dell’autunno immortalato su una panchina, ad occhi chiusi, intento a godersi il sole, seduto proprio accanto a noi.
Articolo pubblicato su Il Bernina il 29 ottobre 2018.